Lo Stalking, l’amore e simili

di Rosanna Druda 13/03/2012

Stalking è l’inglese per appostarsi, inseguire furtivamente, cacciare in appostamento. E bene raffigura il nuovo significato che dalle cronache ci racconta storie di violenze fisiche e psicologiche. E’ il fenomeno anche chiamato “sindrome del molestatore assillante” e parla di prede di qualche cacciatore in agguato, che con costanza e accortezza pedina, molesta, perseguita in innumerevoli modalità.

Il persecutore può avere molti volti, quello conosciuto di un vicino di casa, di un collega, quello di una persona solo accidentalmente incontrata o mai notata. Molte altre volte è una persona intima, che è o è stata nella vita della vittima, un amico, un ex fidanzato o ex marito. E sono questi ultimi i casi più frequenti. Ma allora qual è il confine tra l’amore e questa forma lesiva di persecuzione? Qual è la linea che divide il nobile sentimento tanto decantato da questa estrema forma di controllo?
Il fenomeno è estremamente complesso e diversificato, come tutto ciò che ha a che fare con gli esseri umani e la loro unicità. Il tratto che hanno in comune tutti gli stalkers è una modalità di comunicazione o contatto intrusiva, ripetitiva e insistente che determina nella persona perseguitata un vero e proprio stato psicologico di terrore caratterizzato da costante allerta, emergenza e paura.
Le “comunicazioni intrusive”(Mullen P. E. & al., 2000)  sono i messaggi trasmessi tramite telefono, lettere, sms, e-mail, tesi a rendere partecipe la vittima delle proprie emozioni, bisogni, desideri e intenzioni sia relativi a sentimenti d’amore che a vissuti di odio, vendetta e rancore. Altri comportamenti sono di “contatto”(Mullen P. E. & al., 2000) e vengono attuati in modo più diretto attraverso il sorvegliare e pedinare la vittima o con visite sul posto di lavoro o a casa, fino alle aggressioni.  Solitamente la seconda tipologia di molestia è il proseguo e l’acutizzazione della prima.
Diversi i bisogni e i desideri che fanno da motore: studi hanno rilevato cinque tipologie di stalkers sulla base delle loro motivazioni(Mullen et al., 1999) .
“Il risentito” è colui che ricerca la vendetta per un danno o un torto che ritiene di aver subito. Può diventare molto pericoloso perché ha una scarsa analisi della realtà e sente che il risentimento e la vendetta giustificano tutti i suoi comportamenti.
“Il corteggiatore incompetente” è la persona con poche capacità relazionale che opprime e aggredisce. E’ quello che meno resiste nel tempo nella persecuzione, ma che ripropone lo stesso schema più volte su più persone.
“Il bisognoso d’affetto” ricerca una relazione o anche solo attenzioni. La vittima è idealizzata come amico o partner ideale, come l’unico che potrà riempire le stanze vuote del suo amore. Il rifiuto della vittima viene interpretato come una forma di blocco o timore ad impegnarsi e convince ancor più il persecutore della necessità di proseguire nella sua opera di avvicinamento.
“Il predatore” è colui che ricerca un rapporto sessuale con la sua vittima che può essere pedinata, inseguita, spaventata. La paura è il suo afrodisiaco.
“Il respinto” è la persona cara (ex) che dopo la chiusura del rapporto tenta in ogni modo di ristabilirlo o vendicarsi dell’abbandono. E’ persistente a ripetuti rifiuti, anche la persecuzione è una relazione quindi alternativa migliore all’intollerabile e annientante perdita totale di contatto.
Per troppo tempo non si è dato un nome a questa violenza che silenziosa e continua corrodeva le vite di numerose vittime, per lo più donne, che non hanno potuto pensare (il pensiero necessita di parole per definire) che fosse troppo, che non fosse amore, che fosse un pericolo, che fosse, a volte, tragicamente, la loro fine. Altre hanno dato voce alla loro paura e hanno denunciato i soprusi senza di fatto arrivare a nessun cambiamento nella loro vita di prede, se non la consapevolezza di essere sole e deboli. Rimanere in casa, sole ed emarginate era la soluzione: come spiegare fin dove porta “l’amore”?
Dal 23 Febbraio del 2009 il decreto legislativo 11/09 convertito nella legge n.38 del 23 Aprile dello stesso anno rende lo stalking reato e quindi perseguibile penalmente. L’introduzione nel codice penale dell’articolo 612-bis prevede misure contro gli “atti persecutori” e recita:
”Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque molesta o minaccia taluno con atti reiterati e idonei a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita”.
La pena è aumentata se il reato è commesso dal coniuge o da persona che è stata o è legata affettivamente. Con l’ammonimento e il divieto di avvicinamento vuole restituire quello spazio che era stato violentemente invaso. E’ attivo, presso il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il 1522, numero verde nazionale a favore delle vittime.
Le donne oggi possono denunciare i propri persecutori ed aspettarsi che la loro voce a lungo inascoltata trovi orecchie attente e menti solerti.
E’ importante sapere che lo stalking esiste, che è un reato e che va punito.
La paura è un importante istinto di sopravvivenza. Diamogli voce.

Bibliografia
Mullen P.E., Pathè M., Purcell R., Stuart G., 1999, A study of stalkers. In American Journal of Psychiatry, 156, 1244-1249.
Oliviero Ferraris A., 2001, Stalker il persecutore. In Psicologia Contemporanea, 164, 18-25.