L’importanza dell’autostima per i giovani

Capita sempre più spesso che giovani e giovanissimi si rivolgano ad un terapeuta dichiarando di sperimentare un disagio psicologico. A volte sono spinti ad intraprendere una psicoterapia dai genitori che si preoccupano nel vedere i loro figli privi di interessi, senza una vita sociale adeguata, troppo presi dal mondo del web. Alcuni di questi ragazzi non hanno molto interesse per la scuola e percepiscono la mancanza di obiettivi futuri, altri, anche se studiosi, non sono integrati a livello sociale.

Essi sono perfettamente coscienti del fatto che i loro genitori provano delusione nei loro confronti poichè non rispettano alcuna regola o perchè trascorrono troppo tempo al computer ipnotizzati dai videogiochi o da contatti sociali virtuali. A loro volta i ragazzi si lamentano dei genitori perché da loro non si sentono aiutati e perché  percepiscono una sorta di  incapacità nel fornire strumenti utili per risolvere i loro problemi. Molti di questi ragazzi non si espongono nella vita “reale” preferendo il mondo “virtuale” perché non si stimano abbastanza, hanno paura di fallire e credono di non essere adatti a nulla.

Parlando con loro si rileva che il problema sotteso alla crisi motivazionale è una bassa autostima; questi ragazzi non fanno quello che gli sarebbe richiesto non tanto per uno spirito di opposizione verso gli adulti ma perché hanno paura di fallire. Sappiamo del resto tutti molto bene che chiunque  davanti ad una sfida valuta la possibilità di vincerla o di perderla ma se si ha una scarsa stima di sé viene automatico tirarsi indietro, evitare per non sbagliare.

Ma da dove proviene una buona autostima? Quali sono i legami importanti che favoriscono lo sviluppo dell’autostima? Rispondere a queste domande ci interessa non solo dal punto di vista di chi opera nel sociale con interventi psicologici, ma anche da un punto di vista pedagogico-educativo.

A tal proposito risulta d’obbligo citare Mary Ainsworth  (1967) che considera la sensibilità materna un fattore cruciale nello sviluppo di una relazione di attaccamento sicura. Tuttavia numerosi studi ipotizzano che anche il temperamento del bambino potrebbe influenzare l’interazione e rappresentare un fattore che concorre allo sviluppo della sicurezza.

Tutto ciò sottolinea la natura reciproca del primo legame che abbiamo: quello con i genitori. E’ tuttavia molto importante prendere in considerazione anche i fattori contestuali che rappresentano sempre una risorsa a cui attingere, su cui fare un’opera di sensibilizzazione.

Con il termine fattori contestuali mi riferisco in particolare al supporto sociale, alla rete delle relazioni di attaccamento (rete sociale della famiglia). Tali fattori sono importanti perché possono essere dei moderatori dell’influenza della sensibilità materna e del temperamento del bambino.

Crockenberg (1981) è stato il primo a dimostrare che la presenza di una buone rete sociale possa aiutare molto i genitori in difficoltà a gestire un bambino con un temperamento difficile.

Trovo a questo punto importante chiarire che importanza abbia a livello evolutivo l’esistenza di temperamenti diversi. E’ ipotizzabile che la diversità dei temperamenti abbia un valore evolutivo ed adattivo che si traduce nella prosecuzione della specie in condizioni diverse.

Autostima e famiglia

Come tutti sappiamo il ruolo della famiglia è fondamentale nella costruzione dell’autostima. Uno studioso Americano di nome Albert Bandura parla di “autoefficacia” definendo con questo termine la percezione che ognuno di noi  ha delle proprie capacità. Bandura sostiene che chi sviluppa un senso di efficacia elevato crede che gli ostacoli possano essere superati con lo sviluppo personale e con la perseveranza. Bandura sostiene inoltre che le convinzioni di autoefficacia influiscano sulla qualità della vita emozionale e sulla vulnerabilità allo stress e alla depressione.

Interessante è anche il fatto che per la prima volta la teoria socio-cognitiva vada oltre lo studio delle relazioni diadiche genitori figli in senso unilaterale, affermando che il senso di efficacia dei genitori contribuisce allo sviluppo dei figli da un lato e riduce lo stress della genitorialità dall’altro. Le madri con un forte senso di efficacia sperimentano un benessere emozionale e si adattano meglio al loro ruolo allevando meglio i figli. Se gli adolescenti di oggi colmano i loro vuoti usando cellulari, chat, ecc è perché partecipando a queste comunicazioni incorporee possono controllare il modo in cui si presentano agli altri fronteggiando a loro piacimento la propria identità. In questo modo si espongono meno ai fallimenti.

I genitori dal canto loro, apprezzano ad esempio  i telefono cellulari perché li rassicurano, permettendogli di sapere sempre dove sono i figli. Ma è necessario poter sempre controllare i propri figli? Essere intrusivi? Non allenterà il rapporto di fiducia?

Autostima e scuola

Le scelte compiute nei periodi formativi dello sviluppo modellano il corso della vita di un individuo. Da esse dipendono le potenzialità personali che verranno coltivate e quelle che verranno invece accantonate per sempre. Quello che sappiamo con certezza è che più gli studenti sono convinti di sapere rispondere in modo adeguato alle richieste scolastiche, più sarà ampio il ventaglio di opzioni di carriera che considereranno. Dobbiamo ricordare che le persone non prendono neanche in considerazione l’idea di impegnarsi in lavori o attività che considerano al di là delle loro possibilità.

Bisogna quindi sapere che la scuola può lavorare per rafforzare il senso di autoefficacia dei ragazzi aiutandoli a superare le difficoltà, non utilizzando il giudizio come mannaia ma semplicemente come un mezzo volto a misurare a che punto si è per il raggiungimento di un obiettivo. Le uniche cose che un educatore deve poter temere sono il trionfo e il fallimento perchè entrambi generano paura e la paura blocca.

  • M. D. Ainsworth: “Modelli di attaccamento e sviluppo della personalità” Ed. Raffaello Cortina, 1967
  • A. Bandura: “Adolescenti ed autoefficacia” Ed. Erikson, 2007
  • A. Bandura:”Il senso di autoefficacia”, Ed. Erikson, 1995