Con il termine disturbo dell’umore si designa la vasta classe delle patologie e sintomi che consistono in alterazioni o anomalie del tono dell’umore dell’individuo, che siano di entità tale da causare alla persona problemi o disfunzioni persistenti o ripetute, oppure disagio marcato.
Il concetto di tono dell’umore indica il correlato emotivo di fondo della nostra attività mentale. Ogni persona ha un proprio tono dell’umore che il soggetto tende a manifestare con maggiore frequenza. Questo può essere considerato come caratteristico del soggetto, quale abitudine caratteriale e come parte del temperamento della persona. Esso è il risultato sia di una dotazione biologica di base dell’individuo, ovvero la sua costituzione ereditaria, sia delle modificazioni dovute all’ambiente di crescita e sviluppo della personalità (inclusi i fattori presenti nel corso della vita intrauterina). Sono stati individuati alcuni neurotrasmettitori direttamente associati alle funzioni di regolazione dell’umore, i principali sono la serotonina, la noradrenalina e la dopamina.
I disturbi dell’umore possono essere classificati nelle seguenti tipologie:
- Disturbo bipolare I
Si definisce disturbo bipolare I (o psicosi maniaco-depressiva) un disturbo dell’umore caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi maggiori, di episodi maniacali o misti, e di periodi di relativo benessere. - Disturbo bipolare II
Si definisce disturbo bipolare II un disturbo dell’umore caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi maggiori, episodi ipomaniacali, e periodi di relativo benessere. Rispetto al disturbo bipolare I si hanno episodi depressivi di minore intensità, ed episodi esclusivamente ipomaniacali (in caso di anche solo un episodio maniacale si parla di disturbo bipolare I). - Disturbo ciclotimico
Si definisce disturbo ciclotimico un disturbo bipolare caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi maggiori e episodi ipomaniacali, senza periodi liberi da sintomi. Entrambi gli episodi depressivi e ipomaniacali hanno un quadro clinico attenuato rispetto al disturbo bipolare II, ma la caratteristica è data dall’assenza di intervalli liberi dalla malattia, che possono portare ad un impatto psicosociale e lavorativo molto più grave del disturbo bipolare. Il paziente è altamente instabile e non sono mai presenti periodi di remissione completa della sintomatologia. - Disturbo depressivo maggiore
Si definisce disturbo unipolare depressivo maggiore un disturbo dell’umore caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi maggiori intervallati da periodi di relativo benessere, con assenza di episodi maniacali. - Disturbo distimico
Si definisce disturbo distimico un disturbo dell’umore caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi minori in modo cronico, senza periodi di relativo benessere. - Disturbo maniacale o ipertimico
Si definisce disturbo maniacale unipolare un disturbo dell’affettività caratterizzato da un tono umorale persistentemente elevato. Definito anche Disturbo Bipolare di tipo III, per la presenza comunque contenuta di leggere ricadute dell’umore che però non sono ascrivibili a episodi depressivi. Il maniacale “puro” sperimenta continue fasi di eccitamento psicomotorio, cognitivo ed affettivo, pur non manifestando sintomi psicotici tipici dell’episodio maniacale, oscillando tra turni di esaltazione gioiosa e turni di aggressività e irritabilità. Nella sua “versione” minore è rappresentato da quella che in gergo viene chiamata ipomaniacalità cronica, una condizione più caratteriale che patologica. Il rischio maggiore per questi soggetti è quello di sviluppare un forte episodio depressivo misto caratterizzato da mania disforica e confusa.
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